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Centro Astalli Trento

L'ABITARE PRECARIO DELLE PERSONE RIFUGIATE IN TRENTINO

La tesi di ricerca di Noemi Filosi sulla difficoltà delle persone migranti a trovare casa



Ex operatrice del Centro Astalli Trento, Noemi Filosi si è recentemente laureata in Antropologia culturale presso l’Università di Torino, con una tesi dal titolo “Abitare precario. Il Trentino tra immaginari di benessere e razzializzazione del mercato immobiliare”, che tematizza le difficoltà delle persone straniere nel trovare casa in Trentino.

Dopo una laurea triennale in Scienze dell’educazione, Filosi ha lavorato per quattro anni in Trentino nel settore dell’accoglienza. Queste esperienze hanno suscitato in lei l’interesse per il fenomeno delle migrazioni. Secondo l'autrice, l'abitare costituisce un tema nevralgico all'interno del discorso più ampio sulla precarietà delle persone rifugiate. Per questo motivo ha deciso di approfondirlo con la sua tesi.


Da dove è nato l'interesse

Al Centro Astalli Trento Noemi Filosi era operatrice di Seconda accoglienza. “I progetti di seconda accoglienza” spiega “si svolgono in appartamenti dislocati sul territorio di Trento e Rotaliana. In questi appartamenti vivevano famiglie o singoli uomini in convivenza, in attesa di ricevere i documenti di protezione internazionale. L’uscita dal progetto avveniva quando le persone ottenevano i documenti, oppure se raggiungevano un reddito tale da non essere più indigenti”. Infatti, i progetti di accoglienza non sono previsti indiscriminatamente per chiunque faccia domanda di protezione: molto dipende anche dal proprio reddito. "Se la persona richiedente asilo non è indigente, perché ha un lavoro e guadagna abbastanza, allora non può stare nel progetto".

Questa regola si basa sul presupposto che avere un certo reddito ti permette di vivere autonomamente sul territorio e, tra le altre cose, di trovare una casa. Ma la realtà dei fatti è un’altra. Accompagnando le persone all’uscita del progetto, una volta ottenuti i documenti o perché avevano un reddito tale per cui poter vivere fuori, Filosi ha iniziato a rendersi conto di quante barriere queste persone incontrassero, nel tentativo di trovare una casa. La gran parte delle persone, spesso, uscendo dal progetto riuscivano a trovare solamente sistemazioni informali. “Molte di queste difficoltà non erano affatto imputabili alla singola persona, alle sue caratteristiche personali” precisa. “Il Centro Astalli Trento offre il servizio di Terze Accoglienze, che fa da ponte tra il progetto e l’uscita. Si tratta di un periodo di alcuni mesi, in cui si fornisce all’utente un alloggio mentre cerca una casa. Ma la mia ricerca prova che questi mesi non sono quasi mai sufficienti per trovare un alloggio adeguato”. Per questo si trovano sistemazioni precarie, o molto costose, o precarie e molto costose, quasi mai dignitose. E spesso non si trovano nemmeno quelle.

Filosi afferma di aver visto nell’antropologia culturale la disciplina che poteva permetterle di approfondire al meglio questo tema, quindi ha smesso di lavorare per trasferirsi a Torino e iscriversi a questo corso di magistrale.

Il punto di partenza per la sua ricerca è stata la propria esperienza di persona che non aveva mai fatto fatica a trovare un alloggio nella città di Trento, e non riusciva a spiegarsi questo fenomeno. “Dall’esperienza professionale - nello specifico quella al Centro Astalli - mi ero resa conto di come le persone titolari di protezione internazionale non riuscissero a trovare una sistemazione alloggiativa adeguata alle loro esigenze, nonostante il più delle volte avessero un contratto di lavoro molto redditizio, anche con garanzie e retribuzione più alte della mia”.


Come si è svolta la ricerca

Per condurre la sua indagine ha affiancato nella ricerca casa alcune persone rifugiate o solamente straniere, o cresciute in Italia ma con nome straniero. Grazie al passaparola, poi, è riuscita ad entrare in contatto con altri, che pur avendo finalmente trovato una sistemazione alloggiativa avevano comunque voglia di raccontare le tante difficoltà incontrate nella ricerca. La ricerca ha anche interpellato le agenzie immobiliari e i proprietari di immobili.


Le conclusioni

Quello che emerge dalla ricerca è un Trentino che, pur primeggiando in Italia nelle classifiche relative alla qualità della vita, si caratterizza per un mercato immobiliare che crea e alimenta discriminazioni. Queste mettono le persone rifugiate nelle condizioni di dover abbassare i loro standard, adattandoli a condizioni che qualcun altro impone loro. Queste logiche creano discriminazione e ghettizzazione, con tutte le problematiche che possono derivarne.

Queste condizioni discriminanti compromettono il percorso di integrazione delle persone rifugiate all'interno della comunità. È proprio la comunità, tramite gli affittuari e le agenzie immobiliari, a creare una barriera a priori tra le persone rifugiate e gli alloggi, appellandosi a preoccupazioni riguardo aspetti culturali solamente presunti, o di cui si conosce ben poco. Tale barriera è la manifestazione di un razzismo spesso inconsapevole, ma comunque molto diffuso e interiorizzato, oltre che di grande ignoranza dei contesti di provenienza delle persone in questione e della paura del diverso, che impedisce di approfondirli.



Clicca in basso per scaricare e leggere la tesi completa.





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