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Centro Astalli Trento

SCUP! IPPOLITA SI RACCONTA.

Sta per terminare l’esperienza di Servizio Civile che Ippolita Basile ha svolto insieme a noi. Da una chiacchierata sono usciti diversi elementi interessanti, da cui si evince l’entusiasmo e la crescita che l’hanno accompagnata fino ad oggi. Ringraziamo profondamente Ippolita, non solo per la dedizione con cui ha svolto le attività previste dal suo progetto, ma anche per aver contribuito a scrivere il nuovo progetto SCUP Alla pari con le persone migranti.



Parlaci della tua esperienza.


Il mio progetto si chiamava Astalli Incontra 2.0. Ho lavorato in un’area specifica che si chiama Astalli Incontra; proprio da qui nasce il nome del progetto.

Quest’ area si occupa di fornire una serie di servizi alle persone che non sono ancora entrate in un progetto di accoglienza ministeriale, coloro che ne sono appena usciti; oppure persone coinvolte nel progetto di Semiautonomie della nostra Associazione. Ho supportato coloro che devono affrontare la dura realtà di chi deve contare solo sulle proprie forze e competenze. Gli ostacoli sono all’ordine del giorno, soprattutto quando si deve affrontare un percorso di integrazione. Per questo nella nostra Associazione esistono una serie di sportelli a sostegno delle persone. La mia attività principale consisteva nell’affiancamento allo sportello lavoro, sportello digitale e sportello legale. Inoltre, ho gestito in autonomia l'attività di front office, dove incontravo persone con necessità di ogni tipo. Talvolta ho potuto soddisfare le richieste nell’immediato, come nel caso di prendere appuntamento per la richiesta della tessera sanitaria; altre volte invece occorre rimandare allo sportello specifico.


E’ capitato che le persone incontrate le vedessi una volta sola?


Sì. All’inizio è stato complesso gestire gli incontri al front office, dato che le persone così come le richieste sono tante. Non c’è una relazione continuativa con le persone, Al front office si vedono tanti volti. Nelle attività degli altri sportelli c’è invece continuità, e anche quando c’è un unico appuntamento, dura almeno un’ora, quindi in quel tempo si ha la possibilità di parlare di più e instaurare un contatto umano.

Invece il progetto che verrà presentato adesso è diverso, giusto?


Esatto! Il progetto che verrà presentato adesso risponde anche a quegli aspetti critici della relazionalità di cui parlavo poco fa. Questo nuovo progetto richiede innanzitutto il coinvolgimento di due SCUP e prevede la collaborazione con il dormitorio della nostra Associazione. Ho contribuito io stessa a scrivere questo nuovo progetto. Sono stata felice di partecipare, soprattutto con l’entusiasmo che ci ha spinti a voler riproporre il progetto con delle modifiche funzionali alla coltivazione di un rapporto più umano con le persone migranti. Ritengo sia molto importante il cambiamento che abbiamo apportato, perché nel dormitorio si ha un contatto con l’utenza diverso: il contatto umano ha bisogno di essere sviluppato anche senza una scrivania in mezzo. I ragazzi e le ragazze che faranno il nuovo progetto di Servizio Civile avranno questa possibilità.


Con il Servizio Civile hai provato un’esperienza pratica. Professionalmente, ti senti cresciuta?


Il Servizio Civile è stata la mia prima esperienza lavorativa attinente al mio percorso di studi e ai miei interessi, con annesse responsabilità di questo tipo. Quando ho deciso di aderire al progetto, sentivo il bisogno di capire se sarei stata in grado di lavorare a supporto delle persone migranti e rifugiate.

Nel momento in cui ho fatto il primo front office ero molto insicura, quasi tremante, mi chiedevo “Avrò detto la cosa giusta? E l’avrò detta nel modo giusto?” Con l’esperienza ho capito che un aspetto fondamentale è quello di sapersi avvicinare alle persone in modo professionale, ma al tempo stesso umano. Le persone che ti trovi davanti sono in estrema difficoltà nella maggior parte dei casi, in una condizione in cui non hanno a disposizione gli strumenti per vivere una vita dignitosa. Ciò che devi fare è imparare a gestire le tue e le loro emozioni e al contempo fornire un servizio. Tutto ciò richiede una serie di competenze che non puoi imparare sui libri, ma solo facendolo, in un contesto che ti supporti e ti fornisca gli strumenti, e che ti dia spazio per metterli in pratica.

Oggi guardo con soddisfazione la ragazza che sono diventata oggi e come si muove. Sono molto contenta perché ora so districarmi nelle complesse dinamiche dell’aiutare. Ho molta più competenza, e quando i risultati arrivano, la soddisfazione non ha prezzo. E’ bello vedere che le persone stesse si accorgono che sei a tuo agio e le riesci a far sentire anche loro in una condizione di tranquillità; loro si sentono finalmente ascoltate e supportate. Può succedere che ciò che dirai non sia soddisfacente per loro; ci sono richieste che io non posso soddisfare perché sono cose su cui non ho potere, come ad esempio la richiesta di posti in progetto ministeriale. Talvolta le persone hanno solo bisogno di essere ascoltate, sapendo quanto tutto sia difficile.


Quali sono i tuoi progetti futuri?


I miei obiettivi all’inizio erano tutti improntati sul capire se mi sarei trovata bene in questo ambito. Si può dire che ho pienamente raggiunto i miei scopi, mi sento confidente in questo ruolo. Tutto ciò mi ha spinta a indirizzare il mio percorso di studi ad una magistrale chiamata Migrazioni, diritti e integrazione. So che alcune competenze teoriche posso acquistarle solo studiando; so anche che quello che ho imparato nella pratica mi servirà tanto per guardare la teoria alla luce dei fatti. I miei desideri e aspirazioni testimoniano quanto questa Associazione mi abbia permesso di crescere.


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